“Leader, ma non lo sappiamo. La ricerca clinica in Italia”. Ricerca clinica e leadership al centro del convegno di Rimini

In un sistema sanitario di grande valore e ancora universalistico, le tensioni finanziarie e la quota di finanziamento programmate anche post Covid, stanno rischiando di minare la sostenibilità a medio termine esaltando le iniquità e le differenze territoriali.
Il convegno di Rimini “Leader, ma non lo sappiamo. La ricerca clinica in Italia” è stata un’occasione per domandarsi se l’analisi dei dati e la strutturazione del modello competitivo della ricerca clinica possano rappresentare una chiave di lettura per lo sviluppo e la sostenibilità del sistema Paese. In particolare, questi elementi potrebbero essere utilizzati per promuovere la collaborazione tra il mondo accademico e quello industriale: in questo modo la ricerca clinica potrebbe tornare ad essere un chiaro e fondamentale motore di sviluppo.

“Sono oltre 700 i milioni investiti dalle aziende farmaceutiche in Italia per gli studi clinici che permettono ai cittadini di accedere alle terapie innovative. E per 1 € investito il beneficio per la Sanità pubblica è pari a 3 € (fonte Altems)”, afferma Marcello Cattani, Presidente di Farmindustria.

“Secondo i dati del registro europeo sulle sperimentazioni cliniche, nel 2022, in Italia, sono 713 gli studi in corso, maggiormente concentrati nelle fasi più avanzate. Il recente rapporto di AIFA sulla ricerca clinica è in linea con questi dati ed evidenzia come nel 2022, il numero degli studi autorizzati si sia stabilizzato sul valore medio del decennio precedente. Nonostante, quindi, le sfide legate al Covid e alle nuove regole europee, l’Italia è il terzo Paese nell’UE per numero di sperimentazioni in corso, dopo Spagna e Germania, e si colloca al quarto posto per nuove richieste di autorizzazione.
Riuscire a mantenere questi livelli, anzi superarli, può portare grandi benefici per i Pazienti e per gli investimenti in Italia. Un progresso necessario, perché nella competizione globale non dobbiamo perdere nessuna opportunità.
Possiamo farcela con nuove regole, rapide e flessibili, e procedure più snelle assicurando cure ancora migliori e più investimenti.
L’industria farmaceutica è anche il primo settore per Open Innovation/Network Innovation. Una R&S in partnership aumentata del 95% negli ultimi 10 anni con start-up, PMI, università, istituti di ricerca e di alta tecnologia, parchi scientifici e tecnologici, strutture sanitarie.
Il momento per spingere sull’acceleratore è ora perché nel mondo c’è un crescente dinamismo della R&S farmaceutica: basti pensare che tra il 2023 e il 2028 gli investimenti da parte delle aziende raggiungeranno i 1.600 miliardi di dollari a livello globale, il più grande investimento al Mondo in Ricerca.
L’Europa ha bisogno quindi di una visione lungimirante e strategica con politiche attrattive e pro-innovation per far fronte alla concorrenza internazionale non solo degli USA e della Cina, ma anche di Paesi emergenti quali ad esempio Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Singapore.
Uno scatto in avanti che richiede una forte sinergia tra le Istituzioni e gli attori della Salute – conclude Cattani – per costruire insieme un sistema competitivo, a misura di paziente e rivolto al futuro.”

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