Scompenso cardiaco. Una puntura al dito per una diagnosi precoce
“Sullo scompenso cardiaco negli ultimi anni la ricerca medica ha realizzato passi significativi ma molto lavoro va fatto ancora per la sensibilizzazione della popolazione. Lo scompenso, infatti, rappresenta in Italia la principale causa di ricovero tra gli ultra 65enni e comporta costi ospedalieri pari all’1,5% della spesa sanitaria. All’inizio lo scompenso non si presenta con l’affanno o con le gambe gonfie, ma può provocare stanchezza e astenia che la persona di una certa età tende a considerare fisiologici. In questi casi, anche l’ecocardiogramma può risultare poco significativo, mentre solo il test con la punta al dito per la valutazione peptidi natriuretici può rivelare la presenza dello scompenso in fase precoce”. È quanto ricorda l’Associazione italiana scompensati cardiaci (Aisc).
“Oggi abbiamo la possibilità di trattare in maniera adeguata lo scompenso cardiaco, riducendo la mortalità e le ospedalizzazioni”, sottolinea Salvatore Di Somma, direttore del Comitato Scientifico Aisc/Aps, cardiologo, docente di Medicina Interna dell’Università Sapienza di Roma e presidente di Great-Italy.
“Tra i nuovi farmaci – continua –, da sottolineare vi è l’avvento dell’associazione Sacubitril-Valsartan, oltre ai betabloccanti e ai diuretici. Soprattutto, da qualche anno, sono stati resi disponibili gli Sglt2 inibitori, ipoglicemizzanti utilizzati per il controllo della glicemia che, in trial internazionali, si sono dimostrati efficaci anche nello scompenso cardiaco, riducendo la mortalità e l’ospedalizzazione. La grande novità di questi ultimi farmaci è che sono efficaci in tutte le forme di scompenso cardiaco, sia nella forma a frazione di eiezione ridotta, sia nella forma di scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata”.
“Tuttavia, non sono farmaci sostitutivi, ma addizionali di quelli esistenti. Questo crea una problematica in più per il paziente che dovrà aggiungere altre pillole ogni giorno, per questo è importante renderlo consapevole del beneficio della loro assunzione, in quanto migliorano l’aspettativa di vita”, spiega Di Somma.
Il passo fondamentale per una presa in carico tempestiva è la diagnosi precoce. “Uno degli ostacoli – avverte Di Somma – è la scarsa diffusione del test dei peptidi natriuretici Nt-pro-Bnp o Bnp. Si tratta di test standard che sono disponibili in pronto soccorso per diagnosticare la dispnea grave, ma sono utili anche per l’identificazione di pazienti con sintomi molto sfumati. Per questo è necessario l’utilizzo del test con una semplice puntura al dito anche nella medicina territoriale”.
Come Associazione italiana scompensati cardiaci –conclude il professore – stiamo facendo un protocollo che prevede l’accesso a tali test anche presso i medici di medicina generale e le farmacie. Questa è la base da cui partire per ridurre mortalità e ospedalizzazioni”.