Università di Trieste: un nuovo antibiotico per combattere i batteri resistenti
Uno studio internazionale coordinato dal Centro interdisciplinare di nanoscienze di Marsiglia, con la collaborazione di enti e centri di ricerca d’eccellenza, tra cui il Laboratorio di Biologia e Nanotecnologia del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste, ha sintetizzato un nuovo composto antibatterico che promette di essere un ottimo candidato per la lotta alla resistenza agli antibiotici, un crescente problema di salute pubblica globale che provoca ancora milioni di morti in tutto il mondo.
“La minaccia principale è rappresentata dal gruppo di batteri eskape – comprendente i generi Enterococcus faecium, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa e le specie Enterobacter – perché sono particolarmente virulenti e resistenti agli antibiotici introdotti con la terapia”, spiega Sabrina Pricl, ricercatrice dello studio e professore associato di ingegneria chimica presso il Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste.
“Da qui la necessità di sviluppare nuovi agenti antibatterici che, da un lato, siano in grado di uccidere i batteri, dall’altro, non siano tossici per gli organismi che li assumono e, soprattutto, non inducano la comparsa di ulteriore resistenza ai farmaci”, continua.
La molecola sintetizzata dai ricercatori, un dendrimero anfifilico chiamato AD1b, si è dimostrata altamente efficace contro tutti i batteri Gram-negativi, compresi i ceppi resistenti ai farmaci come Escherichia coli e Acinetobacter baumannii.
Il composto interagisce con il batterio attraverso un meccanismo d’azione innovativo: si lega ai fosfolipidi della membrana batterica, come il fosfatidilglicerolo e la cardiolipina, provocando la distruzione della membrana stessa e il conseguente collasso del metabolismo cellulare, portando alla morte del batterio, senza danneggiare le cellule sane – anche in vivo – e riducendo al minimo il rischio di sviluppare nuove resistenze, problema che altrimenti affligge gli antibiotici tradizionali.
Nei test preclinici, la molecola ha dimostrato una forte attività antibatterica e una grande sicurezza, con una tossicità molto bassa e nessun effetto emolitico, risultati poi confermati nei test in vivo. Inoltre, dopo trenta giorni di esposizione al composto, non è stata osservata alcuna resistenza; al contrario, è stata osservata una drastica riduzione della carica batterica negli animali infetti.
“Questa molecola potrebbe aprire la strada a terapie più sicure e mirate e dare così un impulso al trattamento delle infezioni resistenti: insieme alla sua efficacia, infatti, la capacità di non indurre resistenza la pone in pole position per essere ulteriormente sviluppata a livello clinico traslazionale”, conclude la professoressa Pricl.
I ricercatori dell’Università di Trieste hanno lavorato alla progettazione della molecola AD1 e hanno preso parte allo studio computazionale, utilizzando simulazioni di dinamica molecolare per studiare l’interazione tra AD1b e la membrana batterica, applicando metodologie avanzate supportate dalle risorse di supercalcolo del CINECA.