La convenienza finanziaria dell’affrancamento dell’avviamento
Avendo conferito quest’anno la farmacia in snc con mia moglie, credo di poter affrancare – come voi avete suggerito tante volte – l’avviamento e poter quindi dedurre il relativo ammortamento: se ricordo bene, voi avete affermato che è un’operazione finanziariamente molto importante e insomma, un ottimo investimento.
Ho capito bene il vostro punto di vista?
Ribadiamo senz’altro quanto da Lei messo in evidenza ma, dovendo aggiungere alcune considerazioni, desideriamo dapprima inquadrare al meglio anche se sinteticamente l’intero argomento.
L’affrancamento “ordinario”
La disposizione di riferimento è l’art. 176 TUIR.
Dunque, il conferimento d’azienda in società è un’operazione fiscalmente “neutra” nel senso che non dà luogo al realizzo di minus/plusvalenze deducibili/imponibili.
La società conferitaria, tuttavia, nel Suo caso una snc, può – e sottolineiamo “può” perché è semplicemente una facoltà – “affrancare” l’avviamento, relativo naturalmente all’azienda conferita e iscritto nel bilancio della società conferitaria per effetto dell’operazione, corrispondendo un’imposta sostitutiva delle imposte personali e dell’Irap pari:
al 12% per valori dell’avviamento compresi da 0 fino a 5 milioni, quel che pertanto vale per la stragrande maggioranza delle farmacie;
al 14% per valori compresi tra i 5 milioni e i 10 milioni;
al 16% per valori superiori a 10 milioni.
Per effetto dell’affrancamento, le quote di ammortamento dell’avviamento diventano un costo deducibile ai fini della determinazione del reddito imponibile della società in misura – dispone l’art. 108 del TUIR – non superiore ad 1/18 (in pratica per un massimo del 5,56%) del costo storico per ciascun periodo d’imposta.
L’imposta sostitutiva deve essere corrisposta e la relativa opzione deve essere esercitata in sede di dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione (il conferimento d’azienda) o, al più tardi, nella dichiarazione riguardante il periodo di imposta successivo; la deducibilità fiscale delle quote di ammortamento decorre dallo stesso anno.
L’imposta sostitutiva può essere versata anche in tre rate annuali (art. 1, comma 479, L. 244/2007) nei seguenti termini:
la prima rata, pari al 30%, va liquidata entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sul reddito e dell’Irap relative al periodo d’imposta in cui è avvenuta l’operazione ovvero, in caso di opzione “ritardata”, a quello successivo;
la seconda, pari al 40%, e la terza, pari al 30%, devono essere corrisposte entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sul reddito e dell’Irap relative, rispettivamente, al primo e al secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui è avvenuta l’operazione ovvero, in caso di opzione “ritardata”, rispettivamente, al secondo e al terzo periodo d’imposta sempre successivo a quello in cui è avvenuta l’operazione.
Sulla seconda e sulla terza rata sono dovuti gli interessi nella misura del 2,5% annuale.
Così, ad esempio, se il conferimento è avvenuto nel 2018 e l’imposta sostitutiva verrà corrisposta nei termini di versamento delle imposte dovute per la dichiarazione dei redditi relativa al 2018 e scadenti il 30/06/2019 (per la prima rata o per l’intero importo), la deducibilità fiscale dell’ammortamento verrà riconosciuta a decorrere proprio dallo stesso anno 2019.
L’affrancamento “speciale”
Accanto a questo, che possiamo definire “ordinario”, è stato però introdotto – attenzione – anche un regime “speciale” di affrancamento (art. 15, comma 10, 10-bis e 10-ter D.L. 185/2008) per il quale:
l’imposta sostitutiva sale al 16% quale che sia il valore affrancato;
il pagamento va effettuato in un’unica soluzione entro i termini previsti per il versamento delle imposte scaturenti dalla dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui avviene l’operazione;
la decorrenza degli effetti fiscali è posticipata di un anno rispetto al regime “ordinario”;
la quota massima dell’ammortamento fiscalmente riconosciuta è pari al 20% [quindi l’ammortamento avviene in cinque anni invece che in diciotto] e non al 5,56% come nel regime “ordinario” (ottenendo in tal modo una decisa accelerazione nel recupero dei vantaggi fiscali).
Esemplificando, se l’operazione è effettuata nel 2018, l’opzione e il pagamento dell’imposta dovranno avvenire nel 2019, ma la deducibilità fiscale delle quote di ammortamento decorrerà dal 2020.
Fatta questa necessaria premessa, possiamo svolgere qualche considerazione, e però anche qui alcuni esempi renderanno l’idea più di mille parole.
Poniamo quindi che nel 2018 (anno in cui è stato anche rilasciato il provvedimento di trasferimento della titolarità) si sia costituita una società di persone mediante conferimento di una farmacia/impresa individuale; che l’avviamento iscritto in bilancio sia pari a 1.000.000 di euro e che i soci abbiano deciso di affrancarlo per l’intero valore (è infatti consentito anche un affrancamento parziale).
Valutiamone la convenienza alla luce dei due regimi di affrancamento (“ordinario” e “speciale”).
Calcoli di convenienza per il regime “ordinario”…
Ipotizziamo per semplicità che l’imposta sostitutiva – per l’importo di (1.000.000 x 12% =) 120.000 euro – sia versata in un’unica soluzione a giugno 2019 e che il reddito imponibile medio ragionevolmente prevedibile per i prossimi anni sia pari a 130.000 euro.
Ipotizziamo inoltre un risparmio fiscale connesso alla deducibilità dell’avviamento, sotto forma di minori imposte personali dei soci per effetto della corrispondente riduzione del reddito imponibile, pari al 45% (corrispondente all’aliquota dell’ultimo scaglione Irpef più un 2% “forfetario” per le relative addizionali) per ciascuno di loro.
Il risparmio fiscale complessivo derivante dalla deducibilità dell’ammortamento nella misura massima consentita (55.556 euro) è allora pari a: 55.556×45%=25.004,25 arrotondato a 25.000 che per 18 anni ammonta a 450.000.
Quindi, “investendo” (per così dire) oggi 120.000 euro in imposta sostitutiva ne ho ricavati ben 450.000 (!)
Senonché il confronto tra questi due valori non può essere posto propriamente in questi termini, cioè per importi nominali, dato che – se il pagamento dell’imposta sostitutiva avviene oggi in un un’unica soluzione – il risparmio fiscale verrà conseguito complessivamente nell’arco di 18 anni.
Dobbiamo conseguentemente – come si dice con un vocabolario matematico-finanziario – “attualizzare”, cioè convertire in un valore attuale, il risparmio d’imposta costituito dal “flusso” finanziario della durata di 18 anni e della rata annuale di 25.000 euro, ricorrendo pertanto a un adeguato fattore di attualizzazione: in altre parole, è necessario individuare quale sia quel capitale ad oggi il cui valore sia “equivalente” – sempre in termini matematico-finanziari – a quello di una “rendita” di 25.000 euro annui per 18 anni.
Ora, se consideriamo che l’ultima asta dei BTP a 20 anni (Fonte: Ministero del Tesoro) ha offerto un rendimento lordo del 3,90%, un fattore di attualizzazione realistico del “flusso” di risparmio fiscale conseguito nell’arco dei 18 anni di durata dello stesso può essere dato da un tasso del 4% per 18 anni, pari a 12,65929697 [ L. Brasca -Prontuario per calcoli finanziari e attuariali], che rende il valore attuale del flusso del risparmio fiscale pari a (25.000 x 12,65929697) = 316.482,42 arrotondato a 317.000.
In pratica, facendo riferimento al rendimento attuale dei BTP a 20 anni, la scelta di possedere ad oggi un capitale di 317.000 euro “equivale” ragionevolmente al diritto alla percezione di una rendita di 25.000 euro annui per 18 anni, in ragione di un tasso di attualizzazione pari al 4%.
A questo punto, confrontando il valore attuale dell’investimento “virtuale” del risparmio fiscale con il pagamento (ad oggi) di un’imposta sostitutiva di 120.000 euro – che rappresenta, a ben guardare, il capitale impiegato per ottenere quel risultato – è agevole calcolare il rendimento netto del nostro “investimento” che è pari per l’appunto a (317.000-120.000=) 197.000 euro, corrispondente in termini percentuali all’1,64% del capitale investito; in pratica per ogni euro investito ne sono tornati 2,64 (!)
… e per il regime “speciale”
Assumendo gli stessi dati dell’esempio precedente, per un’imposta sostitutiva di (1.000.000×16%) =160.000 euro avremmo una quota massima deducibile di ammortamento pari a (1.000.000×20%) = 200.000 euro che ci consentirebbe di recuperare tutta l’agevolazione in un arco di 5 anni.
Ma per varie ragioni – su cui, quantomeno per non dilungarci oltre, si può sorvolare – non è consigliabile chiudere in perdita il bilancio della farmacia per così lungo periodo [basti pensare al riscontro negativo che potrebbe suscitare presso qualsiasi ente finanziatore …]; ipotizziamo, quindi, che la quota di ammortamento utilizzata non superi i 130.000 euro (mandando sostanzialmente il bilancio in pareggio) e prolunghiamo perciò il periodo di recupero da 5 a 7,69 (circa 8) anni.
Il risparmio fiscale per ogni anno sarebbe pari a: (130.000×45%) = 58.500 che per 7,69 anni ammonta a 449.865 arrotondato a 450.000.
Se consideriamo anche qui che l’ultima asta dei BTP a 10 anni (Fonte: Ministero del Tesoro) ha offerto un rendimento lordo del 3,36%, un fattore di attualizzazione ragionevole del “flusso” di risparmio fiscale conseguito nell’arco degli 8 anni di durata dello stesso può essere dato da un tasso del 3,00% per 9 anni [assumendo dunque un anno in più per il differimento dell’inizio della deducibilità fiscale delle quote di ammortamento] pari a 7,78610892 [ L. Brasca -Prontuario per calcoli finanziari e attuariali ], che rende un valore attuale del flusso del risparmio fiscale di (58.500 x 7,78610892) = 455.487,37 arrotondato a 455.000.
Anche in questo caso, una volta riportato tutto a valori odierni è ancora una volta agevole calcolare il rendimento netto del nostro “investimento” che è pari a (455.000-160.000=) 295.000 euro corrispondente in termini percentuali all’ 1,84% del capitale investito; in pratica per ogni euro investito ne sono tornati 2,84 (!).
Concludendo
Già da questi semplici esempi, in definitiva, ci pare evidente l’estrema convenienza finanziaria – con l’attuale curva delle aliquote Irpef – dell’imposta sostitutiva; convenienza che, per inciso, rimarrebbe estremamente interessante anche laddove si voglia ricorrere ad un finanziamento per reperire la provvista da impiegare per il pagamento dell’imposta sostitutiva.
Se, infatti, per restare all’ultimo esempio fatto, i 160.000 euro dell’imposta sostitutiva “speciale” fossero finanziati da un mutuo al 3% per 9 anni con rata mensile di € 1.688,09 [per un totale annuo di (1.688,09x12mesi =) 20.527,08], residuerebbero ancora (58.500-20.527=) 38.243 euro di maggiore disponibilità finanziaria netta per ciascun anno di durata dell’agevolazione.
In termini di rendimento netto dell’intera operazione, come si vede, il risultato precedentemente ottenuto in assenza di finanziamento di 295.000 euro sarebbe inciso della quota di interessi pari a circa 22.000 euro complessivi “spalmati” regressivamente per il periodo del prestito (stavolta, per semplicità, assumiamo il loro dato nominale senza alcuna attualizzazione) che, al netto del vantaggio fiscale conseguito per effetto della loro deducibilità, si ridurrebbe a [22.000-(22.000 x 45%)=] 12.100 euro riducendo a sua volta il rendimento finale dell’operazione di affrancamento a (295.000-22.000=) 273.000 euro (in termini percentuali l’1,71%).
Ancora niente male, non c’è che dire.
(stefano civitareale)