Aifa. Ok alla rimborsabilità del farmaco biologico inclisiran, in grado di ridurre il colesterolo cattivo
L’Agenzia italiana del farmaco ha approvato la rimborsabilità di una terapia che riduce i livelli di colesterolo ‘cattivo’ Ldl nei pazienti adulti con ipercolesterolemia primaria (eterozigote familiare e non familiare) o dislipidemia mista (condizioni caratterizzate da alti livelli di grassi nel sangue, incluso il colesterolo). Lo ha annunciato Novartis, l’azienda farmaceutica che commercializza inclisiran.
Si tratta di un farmaco che, interferendo con l’Rna messaggero – spiega il gruppo in una nota – è in grado di dimezzare in maniera efficace e sostenuta nel tempo i livelli di colesterolo a bassa densità (Ldl-c), principale causa dell’aterosclerosi, la patologia vascolare più diffusa al mondo e responsabile di eventi coronarici e cerebrovascolari acuti come l’infarto miocardico e l’ictus cerebrale.
La terapia potrebbe consentire ai pazienti eleggibili di raggiungere in maniera stabile e controllata i livelli target di Ldl-c con appena due somministrazioni l’anno, beneficiando anche di un significativo miglioramento della qualità di vita.
Si tratta della prima terapia a base di small-interfering Rna (siRna) per la riduzione del colesterolo Ldl – spiega Novartis – e rappresenta un nuovo approccio alla gestione dei pazienti con ipercolesterolemia. Inclisiran è innovativo nel suo meccanismo d’azione, poiché rientra nella classe degli agenti terapeutici Rnai (Rna interference), farmaci che silenziano gli Rna messaggeri (mRna).
Si tratta di un piccolo Rna interferente (siRna) a doppio filamento con un’elevata affinità per il fegato, all’interno del quale riduce i livelli di una proteina chiamata Pcsk9, coinvolta nel metabolismo del colesterolo. Questo meccanismo aumenta la capacità del fegato di assorbire il colesterolo Ldl e porta di conseguenza a una riduzione dei livelli di colesterolo Ldl presente nel sangue.
Inclisiran in Italia è indicato, in aggiunta alla dieta, in associazione a una statina o una statina con altre terapie ipolipemizzanti orali, in pazienti non in grado di raggiungere gli obiettivi per l’Ldl-c con la dose massima tollerata di una statina, oppure in monoterapia o in associazione ad altre terapie ipolipemizzanti in pazienti intolleranti alle statine o per i quali una statina è controindicata.
Il colesterolo ‘cattivo’ – evidenzia la nota – è riconosciuto come il principale fattore di rischio modificabile per la riduzione del rischio cardiovascolare. Cinquant’anni di studi clinici evidenziano infatti la correlazione diretta tra colesterolo Ldl e la malattia cardiovascolare aterosclerotica.
Questa, spesso diagnosticata solo dopo un infarto, ictus o altri eventi cardiovascolari, è provocata da un eccesso di colesterolo cattivo nel sangue che, aderendo alle pareti interne delle arterie, porta all’accumulo di depositi di grasso (ateroma o placca aterosclerotica) e rende più difficile il passaggio del sangue.
Spesso i pazienti non presentano una sintomatologia specifica, quindi sono inconsapevoli del rischio di sviluppare questa pericolosa condizione. Nonostante sia il fattore di rischio cardiovascolare più facilmente modificabile, purtroppo ottenere una riduzione efficace e sostenuta nel tempo dei livelli di colesterolo Ldl è ancora una sfida, tanto che 8 pazienti su 10 ad alto rischio non sono in grado di ridurre il loro Ldl-c ai livelli raccomandati.