Denosumab riduce significativamente il rischio di fratture nelle donne con osteoporosi da postmenopausa

Secondo i risultati di un’analisi retrospettiva presentata al congresso annuale dell’American Society for Bone and Mineral Research, il trattamento con denosumab porta ad una maggiore riduzione del rischio di fratture tra le donne con osteoporosi da postmenopausa.

Denosumab è un anticorpo monoclonale umano (IgG2) diretto contro il RANKL (receptor activator of nuclear factor kappa B) al quale si lega con elevata affinità e specificità, prevenendo l’attivazione del suo recettore, RANK, presente sulla superficie degli osteoclasti e dei loro precursori.

Il blocco della interazione tra RANKL e RANK inibisce la formazione, la funzionalità e la sopravvivenza degli osteoclasti, riducendo in tal modo il riassorbimento osseo sia a livello corticale che trabecolare.

Dopo somministrazione sottocutanea, le concentrazioni plasmatiche di denosumab raggiungono il massimo in 10 giorni e rimangono sufficientemente elevate da inibire il riassorbimento osseo per almeno 6 mesi. Dopo 9 mesi dall’ultima iniezione, i marcatori del turnover osseo raggiungono i livelli pre-trattamento.

Denosumab è il primo rappresentante di una nuova classe di farmaci dotati di attività anti-osteoclastica. È stato registrato tramite procedura centralizzata europea nel trattamento dell’osteoporosi in donne in post-menopausa e della perdita ossea associata a terapia di deprivazione androgenica in uomini con cancro prostatico.

Denosumab è risultato efficace nel ridurre il rischio di fratture nelle donne con osteoporosi da PM; nell’arco di 3 anni, denosumab ha significativamente ridotto il rischio di nuove fratture vertebrali del 68%, di fratture non vertebrali del 20% e di fratture dell’anca del 40%.

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