
Diabete. Effettuata la prima infusione in Italia dell’anticorpo monoclonale Teplizumab
È stata effettuata la prima infusione in Italia di Teplizumab, un anticorpo monoclonale “anti-CD3” che rappresenta una svolta nel panorama della prevenzione del diabete mellito di tipo 1. Questa molecola, infatti, è in grado di rallentare l’esordio clinico della malattia.
L’infusione è stata eseguita su una giovane di 23 anni, Presso l’unità operativa complessa di Malattie Endocrine, del Ricambio e della Nutrizione del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo.
La nuova terapia nel novembre 2022 è stata approvata dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per il trattamento di pazienti con almeno due autoanticorpi per il diabete e una condizione di disglicemia, con l’obiettivo di ritardare l’esordio della malattia conclamata.
A partire da ottobre 2024, il farmaco è disponibile in Italia ad uso compassionevole, ossia nei casi in cui per determinati pazienti se ne consiglia l’uso prima che l’iter burocratico di approvazione da parte degli Enti regolatori, l’Ema a livello europeo e l’Aifa a livello nazionale, sia concluso.
“Il teplizumab – spiega la Prof.ssa Valentina Guarnotta, che ha promosso e seguito l’iter necessario per ottenere l’autorizzazione all’uso compassionevole del farmaco presso l’Azienda ospedaliera universitaria – rappresenta una terapia valida e concreta in tutti quei pazienti con predisposizione all’insorgenza del diabete mellito di tipo 1, grazie alla sua capacità di ritardarne in maniera significativa l’esordio, segnando una svolta scientifica nell’approccio alla malattia. L’esecuzione di campagne di screening sarà fondamentale per l’identificazione precoce di soggetti che potrebbero beneficiare di questo farmaco”.
Il diabete di tipo 1 riguarda circa il 5-10 per cento delle persone affette da diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza, ma può manifestarsi anche negli adulti. Lo 0,19% dei bambini italiani, secondo un recentissimo screening realizzato dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità, è risultato positivo a due o più anticorpi potenzialmente indicativi della malattia, per cui è definito ad alto rischio.