Distrofia di Duchenne. Scoperto nuovo approccio terapeutico

Fa un passo in avanti la ricerca contro la distrofia muscolare di Duchenne, una malattia rara che colpisce principalmente i bambini maschi, con sintomi che spesso compaiono tra i 3 ei 5 anni.

Infatti, uno studio italo-americano condotto dal Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute di San Diego, dalla Fondazione Santa Lucia Irccs e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ha dimostrato che la correzione farmacologica del contenuto delle vescicole extracellulari che vengono rilasciate all’interno dei muscoli colpiti da distrofia può ripristinare la loro capacità di rigenerare i muscoli e prevenire la fibrosi.

Le vescicole extracellulari sono particelle bioattive scambiate tra cellule del nostro corpo e pertanto capaci di influenzare l’attività dei nostri organi e tessuti. Nell’ultimo decennio queste particelle hanno attirato l’attenzione della comunità biomedica a causa del loro potenziale terapeutico.

Esse, infatti, contengono informazioni, sotto forma di DNA, RNA o proteine, che vengono trasmesse tra cellule di diverso tipo. Le alterazioni nel contenuto di queste particelle portano, nei muscoli distrofici, a una comunicazione errata tra le cellule presenti nell’interstizio dei muscoli distrofici e ne alterano il comportamento.

In questo studio, gli scienziati hanno scoperto che queste alterazioni possono essere corrette per ripristinare la comunicazione fisiologica tra le cellule dei muscoli distrofici.

“Il nostro studio mostra che le vescicole extracellulari sono mediatori bioattivi in grado di trasferire i benefici della medicina (in questo caso, gli inibitori Hdac) per trattare la distrofia di Duchenne”, afferma Pier Lorenzo Puri, docente al Sanford Burnham Prebys tra gli autori dello studio.

“Questo nuovo approccio di utilizzo di vescicole extracellulari farmacologicamente corrette può essere utilizzato per somministrare in modo sicuro farmaci come l’inibitore Hdac direttamente ai muscoli distrofici per ottenere l’azione benefica che altrimenti si otterrebbe solo a dosi tossiche più elevate”, conclude Puri.

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