Empatia, successo e autorealizzazione

Ognuno di noi ha una propria storia e inserirci in essa è davvero complesso, spesso impossibile. Empatia, successo, essere rispettosi del vissuto altrui è, pertanto, assolutamente necessario perché in quell’essere umano si compendiano esperienze e contesti irripetibili in un altro individuo; un po’ come avviene per il DNA. D’altronde, seppur utili per conoscere e capire, le biografie dei grandi personaggi non ci consentono di per sé di diventare altrettanto grandi.

Come relazionarci con gli altri, allora, nel rispetto che meritano?

Come, di conseguenza, farci accettare al meglio? È sufficiente una parola sola: comprensione. La comprensione genera armonia tra le persone perché ci si sente ascoltati e sinceramente al centro dell’attenzione altrui.

Il problema è che nei nostri tempi l’arrivismo, il culto dell’immagine e la celebrazione di successi e risultati (l’aberrazione dell’individualismo) sono prevalenti e schiacciare gli altri per emergere è comportamento diffuso, soprattutto nei luoghi di lavoro. La competizione spesso è premiata rispetto alla collaborazione.

Tutto questo non consente di allenare una caratteristica dell’essere umano di cui siamo ricchi da bambini, permettendoci così di allargare le nostre relazioni sociali e, al contempo, di apprendere e di crescere più velocemente: l’empatia; la capacità di riconoscere e comprendere “a pelle” le emozioni degli altri. Una sorta di sesto senso che non giudica, ma sa osservare e capire, attraverso la condivisione degli stati emozionali.

È così che la persona empatica percepisce l’altro e come l’altro vive la propria realtà, senza mescolare le proprie esperienze alle esperienze del prossimo. Non si tratta di nutrire compassione o pietà verso chi sentiamo vicino, né di restare invischiati nelle emozioni altrui, ma di trovare una sintonia e una forma comunicativa che può andare ben oltre le parole, un linguaggio comune.

La negazione di tale comportamento e sensibilità è individuabile nell’egocentrico, persona che sostanzialmente guarda se stesso ed ha se stesso come fondamentale punto di riferimento. Sono le sue emozioni ad essere proiettate sull’altro; per di più, diventiamo tutti più egocentrici quando siamo costretti a prendere decisioni rapide, situazione ideale per giudizi scorretti o imprecisi.

L’empatia non solo è di aiuto per sviluppare ottime relazioni sociali, ma è essenziale nella consapevolezza di noi stessi: riconosciamo meglio stati d’animo ed emozioni personali, e sul piano morale impariamo a fare scelte migliori, poiché tendiamo a non infliggere dolore agli altri e gioiamo della felicità altrui; ancora, l’empatia ci rende meno aggressivi e ci fa affrontare meglio i conflitti, con positivi effetti anche sulla salute fisica.

Come allenare l’empatia?

Beh, occorre perseverare applicando pochi e semplici consigli:

·      Sii curioso verso gli altri, verso il loro vissuto, le loro idee ed opinioni, le loro prospettive e concezioni della vita o di singole esperienze, senza cercare necessariamente di estendere la tua personalità sugli altri. Non devi necessariamente accettarli, ma essere disponibile a ricevere maggiori informazioni di quelle già in tuo possesso.

·      Ascolta attivamente il prossimo (è come leggere un nuovo libro!), senza sovrapporti con i tuoi pensieri. Al contrario, spesso si ascolta per rispondere piuttosto che per capire. Molte conversazioni, infatti, somigliano a disquisizioni di logica o a battaglie verbali che impediscono di far emergere le domande e, tra queste, la più importante di tutte: “Perché mi sta dicendo questo (e me lo sta dicendo in questo modo)?”.

·      Cerca di rallentare la tua vita: concediti del tempo per godere di tutto ciò che ti succede, per capire meglio chi ti sta a fianco, per apprezzare le cose, gli avvenimenti e le persone.

Siccome qualsiasi iniziativa ha maggiori probabilità di successo grazie al supporto sociale e ad adeguate relazioni, più lavoriamo fattivamente per realizzare queste ultime, aiutando gli altri, più facilmente troveremo sostegno e saremo aiutati dagli altri, con benefici materiali oltre che emotivi. Purtroppo, come avviene nel celebre gioco del “dilemma del prigioniero” dove l’accusare l’altro ci dà l’illusione della libertà fintantoché anche il nostro compagno di cella non nutre lo stesso pensiero (e come dargli torto?), perdendoci entrambi, tale considerazione non trova sostenitori in chi osserva quanti (e non sono pochi) vincono sugli altri: il sistema sociale ed economico sembrano impregnati di tale cultura, soprattutto in Occidente, ma noi sappiamo che in un’ottica di lungo termine l’aiutare il prossimo senza aspettarsi nulla in cambio rende più felici.

L’alternativa ahimè prevalente, oggigiorno, conduce ad un lento ma inevitabile consumo di risorse ed energie: nei Paesi più ricchi non si è sconfitta la povertà, che invece aumenta. Ma l’egoismo lo si osserva anche nei cambiamenti climatici, nello spreco di risorse alimentari, nel tasso di inquinamento, nella riduzione della biodiversità, nella globalizzazione di modelli culturali e comportamentali imposti con la forza della persuasione e del denaro. Insomma, tutte situazioni tipicamente descritte dal dilemma del prigioniero, dove le scelte più immediate ed impulsive sembrano le migliori e si rivelano, col senno del poi, le peggiori in assoluto.

La ricchezza e la prepotenza non fanno la felicità, ma drogano le sensazioni presenti rendendoci contenti e soddisfatti di noi stessi: può andar bene in determinati momenti della vita, ma non per sempre. Infatti, lavoro, affetti e salute dipendono dallo stato d’animo di cui ci nutriamo ed è sulle emozioni che viviamo quotidianamente che dobbiamo concentrare i nostri più importanti investimenti.


Se sei interessato a questo argomento ti consigliamo la lettura dell’articolo “Perchè le aziende non crescono e le persone neppure” presente nel canale di Giuseppe Salvato in Socialfarma.


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