Farmaco utilizzato per il Parkinson funziona anche per l’Alzheimer: migliora le funzioni cognitive

La rotigotina, un farmaco utilizzato per il Parkinson, funziona anche per l’Alzheimer, migliorando le funzioni cognitive in pazienti ad un livello lieve o moderato di malattia e le loro abilità manuali.

Secondo uno studio clinico condotto dalla Fondazione Santa Lucia, la sostanza produce un miglioramento delle funzioni cognitive nei pazienti con Alzheimer lieve o moderata aprendo a una nuova opzione farmacologica.

Lo studio è stato capitanato da Giacomo Koch, Direttore del laboratorio di Neuropsicofisiologia Sperimentale del Santa Lucia, in collaborazione con Alessandro Martorana dell’Università di Roma Tor Vergata.

Nel corso della ricerca la rotigotina è stata somministrata a 94 pazienti di età compresa tra i 55 e gli 83 anni tramite un cerotto applicato sulla pelle.

Condotto da Giacomo Koch, Direttore del laboratorio di Neuropsicofisiologia Sperimentale del Santa Lucia, in collaborazione con Alessandro Martorana dell’Università di Roma Tor Vergata, il trial ha coinvolto 94 pazienti di età compresa tra 55 e 83 anni.

La rotigotina è un farmaco che agisce sul funzionamento del neurotrasmettitore dopamina.

I trattamenti in uso per l’Alzheimer agiscono sul neurotrasmettitore acetilcolina, ma secondo recenti studi la dopamina funziona a sua volta migliorando le abilità di ragionamento, le cosiddette funzioni esecutive, o funzioni cognitive superiori.

Nel trial, la rotigotina (somministrata attraverso la pelle con un cerotto) ha migliorato le funzioni esecutive, fondamentali per il ragionamento, il giudizio, la memoria di lavoro e l’orientamento.

Ha inoltre migliorato la loro capacità di svolgere le attività quotidiane di routine come lo shopping, la pianificazione, l’igiene personale e l’alimentazione. Questo significa preservare la loro indipendenza più a lungo e ridurre l’onere per gli operatori sanitari.

“Questo studio mostra che i pazienti con Alzheimer possono trarre beneficio dalle combinazioni di farmaci che migliorano le funzioni cerebrali interagendo con diversi sistemi di neurotrasmettitori – afferma Koch – e potrebbe aprire a nuove opzioni terapeutiche per ritardare l’insorgenza della demenza di Alzheimer in fase precoce, quando le funzioni cognitive e le capacità di vita quotidiana dei pazienti sono solo lievemente compromesse”.

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