In arrivo l’anticorpo monoclonale Regdanvimab contro la proteina spike di SARS-CoV-2

Gli anticorpi monoclonali come il Regdanvimab (CT-P59) rappresentano la nuova frontiera nella lotta al Covid-19. Sono già realtà in alcune zone del mondo e potrebbero esserlo presto anche in Italia. Il 5 febbraio 2021, praticamente in contemporanea all’approvazione di AIFA di questi farmaci, Regdanvimab ha ricevuto un’autorizzazione all’immissione in commercio dal Ministero coreano della sicurezza alimentare e farmacologica (MFDS). Questo passaggio ha reso disponibile il farmaco nella pratica clinica in Corea del Sud e in altri paesi che fanno riferimento al MFDS coreano. Celltrion ha in piano di presentare la richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio condizionale (CMA) all’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA). In Italia, Celltrion Healthcare ha avviato un dialogo con AIFA al fine di rendere disponibile il proprio anticorpo monoclonale di ricerca anche per i pazienti italiani.

Lo scorso 4 febbraio, la Commissione tecnico-scientifica dell’Agenzia Italiana del Farmaco ha approvato due anticorpi monoclonali. Ad essi potrebbe presto aggiungersi anche Regdanvimab (CT-P59), l’anticorpo monoclonale diretto contro la proteina spike di SARS-CoV-2, sviluppato da Celltrion Healthcare. CT-P59 ha completato con successo le fasi I e II di sperimentazione clinica e, attualmente, si trova in fase avanzata di sperimentazione (fase III) attraverso uno studio clinico (denominato“3.2”) internazionale, di fase II/III, randomizzato, in double blind e controllato con placebo. Lo studio verrà condotto anche in diversi centri in Italia, dove è già stato autorizzato dall’AIFA e dal Comitato Etico nazionale.

Gli anticorpi monoclonali sono anticorpi diretti contro un unico antigene, proveniente da un unico clone cellulare; sono fabbricati grazie a tecniche di immunologia cellulare e ingegneria genetica in laboratori specificatamente equipaggiati.
Sono da somministrare a chi ancora deve superare la malattia e dovrebbero essere utilizzati entro 72 ore dall’inizio dell’infezione e non oltre 10 giorni dalla rilevazione del virus. Servono ad evitare che la patologia innescata dal Covid degeneri nelle sue forme più gravi, e per questo risultano poco efficaci se somministrati quando questi sintomi siano già stati sviluppati. Il farmaco non è alternativo al vaccino, in quanto va utilizzato una volta contratta l’infezione, mentre l’immunità è valida solo per un limitato lasso di tempo e per le forme più acute.

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