Ipercolesterolemia, solo il 20% dei pazienti si cura. Serve un cambio di rotta

Ogni anno nel mondo muoiono 18 milioni di persone per malattie cardiovascolari (più di 224.000 in Italia di cui circa 47.000 sono imputabili al mancato controllo del colesterolo) di queste l’85% per malattia cardiovascolare aterosclerotica.
La malattia ha anche un rilevante impatto economico, non solo in termini di costi diretti ma anche indiretti (perdita di produttività). È ormai assodato che livelli elevati di colesterolo Ldl non sono un fattore di rischio ma causa della malattia, con alterazioni che iniziano già in età giovanile, con il 73% di uomini e il 43% di donne che nella middle-age ha segni di malattia subclinica.

In questa area fortunatamente le terapie a disposizione, tutte estremamente efficaci, hanno portato evidenze scientifiche robuste e consolidate negli anni sul loro valore preventivo e curativo sia in prevenzione primaria sia in prevenzione secondaria, ma oggi è necessario intervenire ulteriormente perché nel mondo reale alte percentuali di pazienti non sono a target anche in prevenzione secondaria (oltre il 60%), molti pazienti “perdono” i trattamenti dopo prescrizione, durante il follow up.
L’appello degli esperti è forte e chiaro: bisogna modificare l’approccio al problema. È quanto emerso all’evento “Pnrr, Ipercolesterolemia, rischio cardiovascolare tra bisogni irrisolti, innovazione e nuove necessità organizzative”, organizzato in Lombardia da Motore Sanità.

“Per molti anni ci siamo focalizzati sulla cura delle malattie ma non sul preservare la salute, vi è la necessità di cambiare approccio” è l’appello di Fabrizio Oliva, Direttore della struttura complessa e Responsabile struttura semplice Cardiologia 1 – Emodinamica unità di cure intensive cardiologiche Ospedale Niguarda, Milano. “Servono pertanto: una valutazione più precoce dei soggetti a rischio, campagne educazionali a livello scolastico e lavorativo, a livello nazionale e regionale, coinvolgimento della medicina generale (prevenzione primaria); valorizzare la profilazione del rischio e il raggiungimento dei target terapeutici, prevedere adeguati percorsi di follow up condivisi da specialisti e medici di medicina generale per favorire, se necessario, l’ottimizzazione del trattamento farmacologico, valutando l’aderenza e la persistenza terapeutica; iniziare i farmaci raccomandati più precocemente, trattare in modo più aggressivo, utilizzare le combinazioni terapeutiche”.

La figura del farmacista ospedaliero nei gruppi multidisciplinari è fondamentale per effettuare il controllo delle terapie e aiutare il paziente a proseguire con le terapie. Ne è convinto, infine, Marco Ruocco, ASST Brianza, Referente regionale SIFACT e Dirigente Farmacista, che ha fornito due dati indicativi: si registrano molti abbandoni di terapia da parte di pazienti in cura con statine e molti meno abbandoni di terapie dei pazienti in cura con i nuovi farmaci.
“La gestione della terapia nelle farmacie ospedaliere permette di riuscire ad affrontare il modello di controllo dell’aderenza terapeutica e allo stesso tempo permette di aiutare i medici a seguire i pazienti.
Sicuramente questo aspetto potrà essere implementato nell’ambito delle Case di comunità, potrà essere semplificato in tutti i diversi passaggi, ma la necessità di avere un controllo sulle terapie che in questo momento il medico non riesce a fare per una questione di tempistica va sempre mantenuto e anzi implementato”.

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