La qualità dei servizi professionali nella farmacia di comunità deve essere certificata
Proseguono secondo il programma i lavori del Tavolo sulla farmacia dei servizi, istituito dal ministero della Salute, che si è riunito nuovamente giovedì scorso a Roma.
Come si ricorderà, scopo del Tavolo, al quale partecipano autorevoli rappresentanze tra cui quelle delle Regioni, di medici, infermieri e cittadini, è definire concretamente l’operatività del nuovo modello di farmacia disegnato dalla Legge 69, anche ai fini della sperimentazione a livello regionale finanziata con 36 milioni di euro dalla Legge di Bilancio 2018.
Nel corso della riunione è emersa l’importanza di stabilire, per ciascuno dei servizi professionali e cognitivi erogati dal farmacista – dalle campagne di screening al supporto all’aderenza terapeutica – metodologie e protocolli operativi, atti a garantire la standardizzazione delle procedure, la misurabilità degli effetti prodotti in termini di efficacia, e quindi di salute, ma anche di governo della spesa.
E’ un passaggio indispensabile per determinare la remunerazione delle prestazioni stesse. A sua volta, l’adozione di protocolli standardizzati rende necessario prevedere un sistema di certificazione di qualità della farmacia, come avviene anche negli altri paesi che hanno già implementato la pharmaceutical care nella farmacia di comunità. Questa è una condizione necessaria anche per conseguire una reale collaborazione interprofessionale tra gli attori del processo di cura sul territorio e per offrire ai cittadini un servizio omogeneo in tutto il paese. Si tratta di un cambiamento sostanziale per la rete della farmacie e FOFI, Federfarma, Assofarm, UTIFAR e SIFO si impegnano a operare congiuntamente per compiere questo percorso.