
Telemedicina. Fondamentali i fondi del PNRR per garantire livelli essenziali di accesso in tutte le Regioni
Durante la pandemia si è assistito a una forte accelerazione nell’uso e nella conoscenza della telemedicina da parte di cittadini, medici, strutture sanitarie e decisori. Nonostante i molti passi avanti fatti, quello della telemedicina è ancora un universo agli esordi, frammentato, fatto di esperienze parcellizzate, che riflette le disparità di accesso alle cure tipiche del regionalismo sanitario italiano.
Questo, in sintesi, il quadro tracciato nel corso della tavola rotonda “I punti di vista di Ricerca, Istituzioni, Management Sanitario e Componenti Sociali per un approccio efficace all’implementazione della Telemedicina”, in occasione del Congresso 2021 della Società Italiana di Telemedicina (SIT), che si è svolto il 22 e 23 ottobre scorsi.
“Purtroppo solo con la pandemia esplosa nel 2020 in Italia siamo passati da una visione banale della telemedicina, che la relegava a un utilizzo meramente amministrativo, alla comprensione del suo ruolo potenziale di arma utile a migliorare efficacia e sostenibilità del sistema sanitario”, ha evidenziato Antonio Vittorino Gaddi, Presidente SIT. “Ora che abbiamo compreso il potenziale di questo strumento, occorre saperlo governare”.
“Il livello di implementazione della telemedicina nel nostro Paese è ancora molto acerbo e, di conseguenza, occorre andare spediti verso la costruzione di un sistema italiano di telemedicina, robusto, efficace, che garantisca equità di accesso”, ha illustrato Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità.
“Inoltre, non dobbiamo dimenticare che siamo solo all’inizio di una nuova era della medicina, in cui cambierà profondamente il modo di gestire i dati delle persone, ancor prima che si ammalino. Dati che non sono solo clinici e che provengono da fonti diverse. Avremo sempre più a disposizione enormi quantità di dati per ogni singola persona. E prenderà piede anche un nuovo modo di concepire lo studio del corpo umano. Le innovazioni di telemedicina devono essere valutate con la sperimentazione clinica secondo il modello dell’Evidence Based Medicine, che però presenta dei limiti se applicato alle soluzioni digitali. Tale modello dovrà, quindi, essere superato verso un metodo di ricerca delle evidenze più evoluto”.
“Negli ultimi due anni vi è stata senz’altro una crescita dell’impiego della telemedicina, ma solo relativamente a strumenti di base, come la ricetta dematerializzata, o con modalità ‘rudimentali’, come l’utilizzo della casella di posta elettronica personale dei medici di famiglia”, ha sottolineato Anna Lisa Mandorino, Segreteria Generale di Cittadinanzattiva.
“Per elevare la telemedicina a un livello superiore occorre affrontare il tema di una nuova prossimità che deve includere necessariamente sia la prossimità territoriale dei servizi sia le possibilità offerte dalla telemedicina.
Nonostante il divario digitale, infatti, alcune pratiche innovative sono state finalmente introdotte nel periodo pandemico e una nuova visione del SSN non può non valorizzare l’aspetto complementare della territorialità e della digitalizzazione dei servizi, della personalizzazione e dell’innovazione”.