Tumori al pancreas. Un farmaco per le infezioni parassitarie potrebbe inibire la resistenza alle terapie

L’adenocarcinoma duttale pancreatico è uno dei tumori più aggressivi e difficili da trattare. Le cellule di questo tipo di tumore presentano infatti mutazioni genetiche che ne alterano il metabolismo, consentendo loro di sopravvivere anche in ambienti poveri di nutrienti.

“La cosiddetta macropinocitosi è uno dei principali meccanismi adattativi utilizzati dal tumore – spiega Giorgio Scita, a capo del laboratorio ‘Meccanismi di migrazione delle cellule tumorali’ e Professore Ordinario di Patologia Generale all’Università degli Studi di Milano –. Si tratta di un processo che permette alle cellule tumorali di assorbire, o più letteralmente ‘ingoiare’, nutrienti dall’ambiente circostante, garantendo loro un vantaggio in condizioni di carenza di risorse. Questo meccanismo è inoltre implicato nella resistenza a trattamenti come gemcitabina, 5- fluorouracile, doxorubicina e radioterapia con raggi gamma, poiché aiuta le cellule tumorali a mantenere la sintesi di nucleotidi necessari alla loro crescita”.

La scoperta di nuovi inibitori della macropinocitosi è il risultato della stretta collaborazione tra il gruppo di Scita e il Programma IFOM di Experimental Therapeutics (ETP), specializzato nell’identificazione e caratterizzazione di farmaci oncologici e guidato da Ciro Mercurio.

“Questa collaborazione – illustra Mercurio – ha permesso di sviluppare una serie di saggi cellulari basati sull’analisi delle immagini per identificare inibitori specifici della macropinocitosi.”

Il primo passo è stato creare un saggio in miniatura con cui mimare la macropinocitosi in cellule tumorali del pancreas in coltura e misurare quantitativamente l’assorbimento di nutrienti fluorescenti.

“Partendo da circa 3.600 molecole, tra farmaci approvati e composti in varie fasi di sperimentazione clinica – prosegue Ciro Mercurio – abbiamo identificato 28 potenziali inibitori della macropinocitosi. Studi successivi hanno ristretto la lista a 4 molecole attive, tra cui l’ivermectina e il pirvinio pamoato, originariamente utilizzate per il trattamento di infezioni parassitarie. Questi inibitori sono stati validati in colture in tre dimensioni di cellule tumorali e fibroblasti, in grado di simulare almeno in parte anche il microambiente tumorale. Il pirvinio pamoato, tra l’altro, è un composto in fase di sperimentazione clinica per il trattamento dell’adenocarcinoma pancreatico.”

“Questo studio – conclude Mercurio – dimostra l’efficacia del riposizionamento di farmaci, il cosiddetto “drug repositioning”. Questo approccio permette di utilizzare farmaci già approvati per trattare patologie diverse da quelle per cui sono stati originariamente sviluppati. Negli ultimi anni si è rivelato promettente poiché può ridurre significativamente i tempi e i costi necessari all’approvazione di nuovi farmaci, oltre a offrire nuove opportunità per individuare strategie antitumorali innovative”.

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